religione

Card. Ravasi: Il divino che parla intorno a noi 

Redazione
Pubblicato il 28-06-2021

Quanto può essere parlante il silenzio

The rest is silence: chi non conosce questa battuta di Amleto nella II scena del IV atto dell' omonima tragedia shakesperiana? Meno nota è l' eco che de Vigny ha fatto risuonare secoli dopo nella Morte del lupo e che lasciamo nel trasparente originale francese: Seul le silence est grand: tout le reste est faiblesse. Non ho incrociato questi due classici nell' imponente antologia che Valeria Laura Carozzi ha allestito attorno al tema del silenzio, nonostante abbia convocato ben 253 autori celebri e marginali, forse perché ha privilegiato brani compiuti. Certo è che celebrare il silenzio in un tempo, ove imperano rumore, chiasso, fracasso, chiacchiera, baccano, frastuono, strepito (come suggerisce l' arcobaleno lessicale italiano che definisce questo fenomeno tipico di una società logorroica, loquace e ciarliera), è una sfida da rivolgere anche alla rete informatica e all' attuale incapacità di godere in natura «il divino del pian silenzio verde», per usare la famosa sinestesia del Bove carducciano. Già l' etimologia aiuta a isolare una prima cellula semantica: l' indoeuropeo si-, che genera i vocaboli greci sigáo/sighê o siopáo/siopê, il latino sileo e persino l' alto-tedesco swigen che è divenuto l' attuale Schweigen, assegna alla parola «silenzio» un valore interiore di quiete, tranquillità e pace.

Esso è differente dal «tacere» che è semplice assenza di comunicazione, tipica del taciturno. Giustamente, allora, la curatrice della silloge nota l' antitesi tra silenzio pieno, «bianco», coagulo di messaggi inespressi, e un tacere vuoto, freddo, «nero», mera assenza di voci e, quindi, colmato dalla chiacchiera o da suoni assordanti, come accade spesso ai giovani. Non si dimentichi che gli ebrei non pronunciano il nome di Dio, affidato solo a quattro consonanti (JHWH), eppure quella realtà silente è persona che si rivela, giudica e salva. Similmente il profeta biblico Elia perseguitato e scoraggiato è risollevato non da una folgore o da un terremoto clamoroso ma da una divina qol demamah daqqah, «una voce di silenzio sottile» (1Re 19,12). E ancora, Valeria Laura Carozzi ricorda che «ci sono silenzi 'pesanti', frutto di litigio o imbarazzo, e silenzi 'leggeri', oasi di pace nella frenesia quotidiana». C' è il silenzio che parla, il silenzio della coscienza-cuore in cui sussurra l' ineffabile voce interiore, c' è il «mistero» divino e umano, che è teofania ed epifania, nonostante il termine abbia come matrice il verbo greco myô che esige un chiudere le labbra già nel pronunciarlo e che rimanda appunto al silenzio che trascende le parole. Giobbe, che ha tanto parlato e urlato, alla fine chiude la bocca e l' orecchio e apre gli occhi: «Mi metto la mano sulla bocca: ho parlato ma non continuerò Ti conoscevo per sentito dire; ora i miei occhi ti vedono» (40,4; 42,5). Il mistero non è mutismo, il Dio silente non è muto.

La raccolta è appunto impostata in modo tale che i frammenti coniughino il silenzio a uno svelamento, diventando così «parlante». C' è, infatti, il silenzio di un monastero e quello di una notte, c' è la mistica e la natura, l' amore (i due innamorati silenti che si guardano negli occhi) e la musica nella quale le pause sono da «eseguire», la sofferenza intima e il sorriso, lo sconcerto e la sorpresa che ti lasciano a bocca aperta, il silenzio meditativo e la solitudine, e così via. Lo scrittore Mario Pomilio, assente in queste pagine, osservava che «oggi abbiamo perso l' abitudine al silenzio, perché abbiamo paura di confrontarci con la verità. Così non possiamo crescere: siamo condannati alla mediocrità». E Saramago, qui presente: «Si dice che ogni persona è un' isola, e non è vero, ogni persona è silenzio». Come in ogni scelta antologica, è spontaneo segnalare presenze e assenze. Anche noi, ad essere sinceri, avremmo fatto a meno di alcune citazioni un po' stucchevoli, così come avremmo optato per altri frammenti. Ad esempio, per i Pensieri di Pascal, avremmo preferito il pur notissimo «silenzio eterno degli spazi infiniti che spaventa» o quel «silenzio che è la più grande persecuzione: mai i santi hanno taciuto». In un certo senso, si è sempre in grado di organizzare una sinossi con altre citazioni per tutti i temi proposti (lo dico da autore del «Breviario» che apre questo supplemento.

Certo è che sempre attrae, anche in questa raccolta, la densità racchiusa nell' ossimoro «parlare del silenzio» e nelle potenzialità che si annidano in una realtà apparentemente irreale com' è il silenzio, tant' è vero che già due millenni fa Publilio Siro confessava di essersi «pentito spesso di aver parlato, mai di aver taciuto». Anticipava il monito filosofico di Wittgenstein: «Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere». E questo vale anche per i maschi, superando lo stereotipo già presente nell' Aiace di Sofocle, secondo il quale «è il silenzio a dare alle donne la grazia che loro si addice». Sta di fatto che - e qui ritorniamo al nostro avvio e quindi all' utilità di questa antologia -, come notava il poeta Wystan Auden, «bisognosi anzitutto di silenzio e di calore, produciamo freddo e chiasso brutali». Non sarebbe male che si compisse l' annuncio dell' Apocalisse: «Si fece silenzio nel cielo per circa mezz' ora» (8,1). Un poderoso «Zitti tutti!», sia pure momentaneo, per bloccare schiamazzi e sproloqui e costringere a una riflessione. (Il Sole 24 Ore)

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